Care lettrici e cari lettori, come forse alcuni di voi già sapranno, a inizio settembre andrà in distribuzione il libro che ho voluto scrivere sulla comunità di Bose e per la comunità di Bose.
Per mesi ho assistito infatti a molte, forse troppe cose che mi hanno spinto a reagire, con partecipazione affettiva, certo, ma anche con razionalità, al dispiegarsi attorno a Bose di una serie piuttosto incredibile di eventi spiacevoli e disdicevoli, soprattutto in contesti che si dicono cristiani.
Non desidero ritornare in queste poche righe su questioni riguardo alle quali, con franchezza, coraggio e rischiando moltissimo dal punto di vista personale (a differenza di molti che si nascondevano nel “gregge” millantando silenzi mai mantenuti, o che operavano come tanti Nicodemo), mi sono espresso sia sulle pagine di Riprendere altrimenti sia in altre sedi.
Ciò nonostante ho compreso chiaramente – e ho ricevuto molti inviti e conferme al riguardo – di essere in una posizione unica per poter narrare la parabola di Bose. Non credo infatti che, al momento, esistano altre persone che abbiano sia le competenze necessarie nell’ambito della storia della spiritualità e dell’ecumenismo, sia una conoscenza diretta delle vicende e dei documenti bosini, sia un distacco sufficiente per poter allargare lo sguardo sulla straordinaria storia di questi uomini e queste donne per molti versi meravigliosi che hanno dato vita a Bose e nutrito la fede di decine e decine di migliaia di credenti, nonché la speranza e la ricerca di altrettante migliaia di atei o agnostici desiderosi di approfondire la loro umanità.
Un giorno qualche storico di peso, a distanza di anni dai tristi eventi che hanno colpito di recente la comunità, potrà scavare a fondo negli archivi e aggiungere ulteriori tasselli ed elementi. Ma è il momento di narrare con la massima profondità possibile tutto ciò che sta alla radice della splendida fioritura di Bose, senza tacere le possibili ragioni di una crisi che solo un cieco o un ipocrita potrebbe negare.
La mia non è una storia di singole persone, delle loro grandi azioni, le loro cadute e i loro conflitti. C’è troppa passione, oggi, per semplificazioni di questo tipo, anche nella chiesa. Si è troppo alla ricerca di leader ideali o di modelli negativi da mettere in croce, di santi da esaltare o di paria da additare come mostri. La nostra umanità, le nostre vicende, i nostri inciampi, sono molto più sfumati e complessi. Come capì Thomas Merton nella svolta decisiva della sua vita, diventiamo veramente importanti per gli altri quando passiamo dal ritenerci “aspiranti santi” alla presa d’atto che siamo tutti dei “testimoni colpevoli”. Allora da tutto può venire una lezione.
Il mio libro è un fragile atto d’amore, che si conclude con un invito al coraggio e alla speranza, nonché a fare ritorno alle radici. E questo vale per tutti: per le sorelle e i fratelli di Bose, per ciascuno di noi che dice di averli a cuore, per una chiesa che mi pare faccia sempre più pericolosamente ricorso a linguaggi antichi e deleteri che si pensavano superati, per ogni persona assetata di senso e di speranza.
Tutto ciò che ho scritto e che spero leggerete, è frutto di scelte molto precise e ponderate. Tutto vuole costruire, sfuggendo a qualsiasi cliché.
Titolo e copertina saranno annunciati a breve, come pure le modalità di prenotazione del libro. Quindi seguirà un cammino di presentazioni, intese non come occasione di parlare (o men che meno di sparlare!) di Bose, bensì di riprendere le fila della speranza e delle intuizioni annunciate a tutti dalla parabola evangelica di Enzo Bianchi, compagne e compagni, tracce di un vangelo più grande di loro e di ciascuno di noi. Chi volesse organizzare incontri può iniziare comunque a contattarmi fin da ora.
Ringraziando ogni lettrice e ogni lettore che hanno la pazienza di leggermi e che vorranno continuare a farlo, vi invito a portare nel cuore, ad uno ad uno, tutti coloro che sono stati segnati indelebilmente dalle sofferenze degli ultimi anni. Ma anche a ringraziare ogni singola sorella e fratello di Bose per la quantità enorme di bene che hanno fatto e che, ne sono certo, continueranno a fare. Dove mettere Dio in tutto ciò, non oso insegnarlo né indicarlo a nessuno.
Caro Riccardo, mi permetta di chiamarla affettuosamente così, se non altro perché sono nella cosiddetta terza età e lei è sicuramente più giovane di me… Sono molto contenta per la sua scelta di pubblicare un libro su Bose, sperando che ci aiuti a capire qualcosa di quello che è accaduto e che tutti ci riguarda. Non solo i frequentatori di Bose, quale sono stata io, sebbene molto in sordina e quando già Bose non era più quello dei primi tempi. Per me la vicenda di Bose ha significato una svolta nel già difficile percorso di ricerca della mia vita. Purtroppo, una svolta negativa, che mi ha fatto ancora di più scivolare in un atteggiamento di grande “disincanto”, sicuramente condizionato anche da una mia situazione particolare, ma indubbiamente influenzato da quello che è successo. Dell’aiuto, se mi verrà, dal suo libro, sarò grata a lei e al suo coraggio: non scontato in tempi in cui ci si ritira volentieri nel proprio guscio. Per questo la ringrazio fin da ora e, se le farà piacere, le esprimerò, a lettura avvenuta, i pensieri che mi avrà suscitato. Le auguro ogni bene possibile a chi cammina sulla terra. Elena Venturini.
Cara Elena, ovviamente sarò molto lieto di leggere i suoi pensieri. A me, paradossalmente, questa vicenda per certi versi assurda capitata ai “miei” fratelli e le mie sorelle di Bose ha dato lo spunto per tornare all’essenziale. Ovverosia a cercare speranza anche laddove si fa fatica a vederla. Come ho imparato in undici anni trascorsi a Bose. La ringrazio e la saluto cordialmente.
Attendo con gioia, se così si può dire, l’uscita del libro. Troppo ho letto d’inutile, scontato, di parte. Dal 2000 Bose è entrata nei miei paesaggi interiori. Ho resistito alla curiosità, ho sofferto e soffro questo momento così lungo e per certi versi indecifrabile. Nel tempo le mie amicizie hanno intrecciato fratelli e sorelle che ora sono espulsi, in disparte, in attesa, sul campo…Non sono un letterato e conosco poco pure la grammatica, ma Bose ha risvegliato in me giovanili passioni poetiche, altro modo di guardare. Bose è un paesaggio e i paesaggi ci parlano anche senza parole. Non sai mai se i paesaggi che osservi sono fuori o dentro di te. Forse nel tempo Bose è dovuta diventare troppo utile, perdendo così un po’ di felicità. Noi uomini siamo molto capaci d’incrostare le cose, persino il vento…apparentemente…non dimentichiamo i passaggi del vento
Amo quelle carraie
che attraversano i campi
e scompaiono dietro le colline.
Portano in un luogo
che nessuno conosce
ma dove tutti
potrebbero essere felici.
GRAZIE
silvio monica
Ho già accennato alla direttrice del Circolo dei Lettori Elena Loewenthal del tuo libro. Si potrebbe organizzare la presentazione qui a Torino in occasione dell’uscita. E parliamo a voce. Valentino
Carissimo, non mi faccio sentire da tanto. Son entrata nel “grande silenzio” perché qualsiasi notizia mi arrivava da Bose e dintorni era veramente una coltellata. Pensavo di contattarti prima o poi per vedere se il tuo punto di vista mi addolciva un po’ il panorama. Ma poi il silenzio mi è sembrata la strada maestra. Non senza sofferenza: qualcosa mi arriva, soprattutto su Enzo e mi fa molto male. Ora la notizia del tuo libro mi fa piacere. Non so se sia troppo presto, ma tua avrai valutato bene. Aspetto quindi di leggerlo. E grazie! Ti saluto con grande cordialità Marinella
Carissimo Larini,
grazie per l’anticipazione sul tuo libro in uscita che sicuramente prenoterò ma che non leggerò subito.
Non è ancora il momento per me di sapere altro sulla vicenda umana di Enzo Bianchi: mi fido di lui quando dice di essere stato sempre uno che ha cercato semplicemente di vivere l’Evangelo, facendo parte al prossimo della sua esperienza di cristiano.
Ci siamo conosciuti moltissimi anni fa al Passo della Mendola nell’ambito di incontri ecumenici che si svolgevano in quel luogo. Era allora un giovane dalla folta barba nera appena ritornato dall’Athos e, poiché io parlo il greco, vagheggiavamo nelle nostre conversazioni di “riaprire” il monastero latino degli Amalfitani, che, come sai, si trova nel territorio del monastero di Iviron.
Mi permetto di dire queste cose molto personali per far comprendere come il fascino del sogno, dell’utopia hanno costituito il canovaccio dell’esperienza umana e religiosa di Enzo.
Non è possibile dire qualcosa di lui al di fuori di questa dimensione della sua personalità.
In quest’aura il mio rapporto di stima e di amicizia si è conservato e cresciuto in tutti questi anni di letture e condivisione di tutto ciò che riguardava la sua esperienza umana e religiosa.
La storia, anche della Chiesa, non è purtroppo abitata dal sogno e dall’utopia, e credo che l’omologazione, la normalizzazione abbiano segnato la fine dell’esperienza di Enzo Bianchi a Bose, molto più delle umane meschinerie che pure non sono mancate.
Difendo perciò in me la stima per un amico, ricordandolo ancora con nostalgia nelle nostre conversazioni al sole della Mendola…poi, un giorno, leggerò anche il tuo libro, riconoscendoti comunque fin da ora quell’autorita’ che giustamente rivendichi di essere titolato a parlare, con cognizione di causa, di una “utopia” chiamata Bose.
Ti saluto cordialmente e ti auguro buon lavoro.
Paolo
Caro Paolo, grazie del suo commento, che mi pare intelligente e sincero.
Il libro non è una storia di Enzo Bianchi (a cui per altro è dedicato, con profonda riconoscenza) ed entra molto poco in vicende e scelte individuali. Nel caos attuale, tuttavia, si invoca da più parti un silenzio mortifero (perché sostanzialmente falso e accompagnato da piccoli gesti e parole ingiuste e crudeli nei confronti soprattutto di Bianchi e di chi la vede come lui, ma non solo) e si continuano a far trapelare interpretazioni della vicenda (globale!) di Bose estremamente superficiali. Noi tutti dobbiamo ai fratelli e alle sorelle di Bose parole più serie e approfondite, proprio per quello che ci hanno dato e continueranno a darci, anche con il nostro aiuto. Perciò meglio che a parlare sia chi sa, e chi sa molto, invece della schiera di vaticanisti antichi e improvvisati che, con pochissime eccezioni, hanno scritto quantità industriali di fesserie, talvolta per malizia, talvolta per palese antipatia nei confronti di Bianchi o dell’esperienza di Bose, talvolta molto semplicemente perché non hanno fatto seriamente il loro lavoro. Ma non è tutto: dobbiamo parlarne perché bisogna assolutamente parlare di una chiesa – specie quella cattolica, ma non solo – che spesso finisce per rovinare anche le sue esperienze più preziose e che deve mettersi profondamente in discussione. Di questo parlerò in molti altri modi in questo blog, ma è uno degli intenti fondamentali del libro. La ringrazio dell’attenzione.
Grazie, Riccardo, per la tua risposta, molto consolante sotto molti punti di vista.
Per gli amici che non l’avessero ancora letto, trascrivo qui di seguito l’ultimo twitter di Enzo Bianchi:
” Ciascuno con una lacrima segreta
innaffia una rosa
che lui solo conosce:
per tanto tempo non ho capito
questo detto poetico,
ma ora,
guardando alla mia lunga vita,
contemplo un giardino di rose
cresciute grazie alle lacrime
di chi ha vissuto con me”.
Per me è veramente tutto.
Paolo