Il mio libro 𝑩𝒐𝒔𝒆, 𝒍𝒂 𝒕𝒓𝒂𝒄𝒄𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒗𝒂𝒏𝒈𝒆𝒍𝒐 è finalmente disponibile.
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Grazie a tutti e buona lettura!
Riccardo
Riccardo, sono curioso: chi pubblica il tuo libro? O è una forma di auto-pubblicazione?
Ti rispondo volentieri. Ho avuto diverse proposte da editori di varia natura e calibro. Uno mi aveva anche fatto un contratto e pagato un anticipo. Ma alla fine ho deciso di procedere da solo, essendo stato direttore editoriale di più di una casa editrice in passato, oltre che redattore, traduttore e correttore di bozze. La natura di questo libro, del resto, aveva bisogno di tempi certi e di massima libertà. Dopo le presentazioni che già si stanno organizzando, probabilmente farò anche l’ebook, per garantire una diffusione più capillare del testo.
Carissimo Riccardo,
ho letto il tuo bel libro e ne ho apprezzato, da un lato, la narrazione ancorata ai documenti ed ai fatti nella loro oggettività, e, dall’altro, lo spirito dialogico e costruttore di pace, che lo anima.
Credo che tutti coloro, i quali amano la Comunità di Bose e sono grati al suo fondatore ed a tutti i fratelli e sorelle, che la compongono, per gli incommensurabili doni ricevuti, debbano con lo stesso spirito prendere la parola, dopo oltre un anno di sofferenza e di spes contra spem, per invocare ancora lo Spirito Santo (che è Dio in libertà, foriera di unità nella diversità), affinché conduca tutti alla pace, alla comunione sinodale ed alla riconciliazione.
In quest’ottica mi permetto di esprimere alcune mie considerazioni con umiltà, rispetto e parresìa.
1. Ritengo che il provvedimento adottato dalla Santa Sede nei confronti di Enzo, Antonella, Goffredo e Lino (che tu giustamente qualifichi di “espulsione”), da un canto, sia disumano ed in contrasto con il valore evangelico dell’amore, il quale, come dice Paolo, è il “compimento della legge” (Rm. 13,10) e “pienezza” della legge (Gal. 5,14).
Dall’altro, sia lesivo sotto plurimi profili dei seguenti princìpi costituzionali:
a. della garanzia dei diritti fondamentali delle persone (art.2 Cost.), che la Repubblica “riconosce” (in quanto preesistenti) e di solidarietà;
b. dell’uguaglianza (art. 3 Cost.), di cui il diritto di difesa ed il diritto di azione (art.24 Cost.) rappresentano la proiezione sul piano processuale: tutti hanno il diritto di conoscere ciò, di cui si viene accusati con le relative fonti probatorie, di poter contraddire (il principio dell’audiatur et altera pars è la base di ogni convivenza) e di poter ricorrere ad un giudice terzo ed imparziale (art.101 Cost.);
c. dell’inviolabilità della libertà personale (art.13 Cost.) e della libertà di circolazione.
Tali princìpi, al pari fra gli altri di quello di laicità e di quello di ragionevolezza delle leggi (che è un corollario del principio di uguaglianza), costituiscono i princìpi supremi del nostro ordinamento costituzionale, i quali, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza della Corte costituzionale, non possono essere modificati o sovvertiti (art.139 Cost.), al pari della forma repubblicana, neppure da leggi costituzionali o di revisione costituzionale. Essi rappresentano il fondamento del patto di convivenza stabilito dalla Costituzione, del pactum societatis, ed una volta inseriti nella Costituzione, nessuno può cassarli.
Dall’altro ancora, sia in contrasto con il diritto naturale (che è stato positivizzato dalla Costituzione).
Scrisse Bonhoeffer a proposito del diritto naturale (Etica, ed. Queriniana,1995, pagg. 152 e segg.): “a un pensiero idealistico potrà suonare singolare che in un’etica cristiana si parli prima dei diritti e solo dopo dei doveri. Noi però non seguiamo Kant, ma appunto la sacra Scrittura; e proprio per questo dobbiamo parlare prima dei diritti della vita naturale, cioè di quanto è dato alla vita, e solo dopo di ciò che le viene richiesto. Dio dà prima di ricevere. Nei diritti della vita naturale non onoriamo, infatti, la creatura, ma il creatore e riconosciamo la ricchezza dei suoi doni. Non esistono diritti di fronte a Dio, però il naturale semplicemente dato si trasforma in diritti di fronte all’uomo. I diritti della vita naturale sono il riflesso della gloria del Dio creatore in mezzo al mondo caduto. Essi non sono in primo luogo quanto l’uomo può reclamare nel proprio interesse, bensì ciò in favore del quale Dio stesso si schiera”.
2. Tu scrivi: “credo sia importante non pensare di poter risolvere tutti i problemi soltanto con la Bibbia o ricorrendo alla psicologia in maniera non professionale” (pagg. 170-171).
In proposito io reputo che sia perennemente valido quanto previsto dalla Regola di Bose, secondo cui “l’Evangelo sarà la regola, assoluta e suprema” (che tu sottolinei più volte).
Infatti la Santa Scrittura è la norma normans non normata, di fronte alla quale tutto il resto è secondario.
Anche il cristianesimo primitivo, quando spirava la corrente calda della fede in Cristo, ha conosciuto improvvidi conflitti e divisioni, di fronte ai quali l’Apostolo ha prospettato come rimedio solo la medicina di Cristo e della sua misericordia infinita, esortando i fratelli e sorelle di Corinto “alla perfetta unione” in Cristo (1 Cor.1,10-31).
Nel passato, come tu ricordi, la Comunità di Bose ha vissuto all’inizio momenti conflittuali e dolorosi. Questi ultimi furono risolti solo alla luce del Vangelo e grazie alla sapienza biblica, alla mitezza, alla bontà, alla forza dialogica di un uomo di Dio e di un Padre della Chiesa, come il Cardinal Pellegrino, il quale con lungimiranza garantì di fronte a tutto l’universo cristiano la purezza evangelica della Comunità di Bose e la cristallina fede in Cristo del suo profetico fondatore.
3. Infine una doverosa precisazione. Tu scrivi (pag.40) che Bonhoeffer “in Italia viene scoperto da molti a partire dal 1969 grazie alla pubblicazione in italiano dei suoi scritti….. per merito dell’editrice Queriniana di Brescia”.
In verità, prima dell’attività editoriale della Queriniana, Bonhoeffer è scoperto e fatto conoscere in Italia grazie all’indefessa ricerca e riflessione di Don Italo Mancini (prima come docente all’Università di Milano e poi a quella di Urbino), grandissimo teologo e filosofo di finissima intelligenza, purtroppo oggi dimenticato dai più nella Chiesa attuale.
Don Italo nel 1969 pubblicò con la Vallecchi di Firenze la splendida biografia del pastore luterano, ripercorrendo in modo insuperabile il percorso personale ed intellettuale di Bonhoeffer.
Sempre nel 1969 scrisse l’introduzione a Resistenza e resa, che fu pubblicata da Bompiani, grazie alla geniale intuizione editoriale di Paolo De Benedetti, che ivi lavorava.
Ricordo questo perché Don Italo e Paolo De Benedetti (veri amici della Comunità di Bose) con la loro intelligentia fidei e con la loro fede pensata saprebbero dire oggi parole di autentica saggezza e di unità in Cristo per l’avvenire della Comunità di Bose e per tutti noi cristiani.
Spero che il tuo libro aiuti a preservare il tesoro di Bose, che è una ricchezza per tutti i cristiani e i pensanti, e sia un seme fecondo per la riconciliazione, invocando la misericordia del Signore per tutti.
Ti abbraccio, Roberto Savino
Carissimo Riccardo nelle mie note vi sono due refusi da emendare: 1. il valore evangelico dell’amore e non i valori evangelici dell’amore; 2. audiatur et altera pars e non audiatur et alter pars. Ti abbraccio, Roberto Savino
Caro Roberto, su tua indicazione ho corretto il tuo testo. Grazie.
Carissimo Roberto,
grazie di cuore dei tuoi commenti.
Sul primo punto, tu hai molta più competenza di me, e non fai che confermare quanto in molti abbiamo colto con stupore e dolore fin dal primo istante dal punto di vista legale, oltre che umano.
Sul terzo, sicuramente non intendevo dimenticare il grande Italo Mancini (perdonami se non lo chiamo “don”, ma sono allergico ai titoli, come si coglie ovunque nel mio libro…), dal quale io stesso ho imparato ad amare Bonhoeffer, Barth e (un po’ meno) Bultmann. Resta tuttavia il merito enorme di Queriniana, e di Rosino Gibellini, di aver portato Bonhoeffer alle moltitudini.
Sul secondo, invece, mi permetto di insistere con la mia formulazione. “Non solo con la Bibbia o ricorrendo alla psicologia in maniera non professionale”. Il non solo non esclude la Bibbia, ma ne impone una comprensione alla luce di un’ermeneutica che tenga pienamente conto dei valori umani scoperti dalla ragione, a prescindere dalla Bibbia. Come spiego nell’introduzione, personalmente non mi sento appartenente a nessuna confessione cristiana, ma guardo con benevolenza e amore a tutte. Un grande padre dell’anglicanesimo, Richard Hooker, ha sottolineato, citando Qohelet 4,12 (“Una corda a tre capi non si rompe tanto presto”), come scritture e tradizione vadano sempre interpretate alla luce della ragione. Personalmente non sono neppure certo, da “diversamente cristiano”, che le scritture siano più norma di tutto il resto (argomenterò a fondo nel mio blog questa posizione). Sicuramente, però, il semplice “uso della scrittura” non basta, se la si usa in maniera disumana, “contro l’altro”. E nessuno ha la certezza di un’interpretazione vera e indiscutibile della scrittura.
Ti abbraccio a mia volta,
Riccardo